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Studiarsi, nello Yoga

Maggio è il mese che dedicheremo a Svadhyaya.

Come tutti i mesi di questo anno yogico, cercheremo di rivedere la pratica sotto una luce diversa, sviluppare attitudini nuovi, cercare stimoli per vivere meglio il nostro presente. Ma prima di tutto come possiamo interpretare la parola Svadhyaya?

Come studio, studio del sé o del Sé.

E ci fermiamo a questa apparentemente semplice differenza tra una minuscola e una maiuscola che forse in qualche altro articolo avremo modo di sviluppare.

Dopo Tapas, il niyama di aprile, che ci ha portato ad una maggiore apertura verso l’esterno, a una più sicura presenza di se stessi nel mondo, dopo la voglia di vivere con passione e praticare con ardore, adesso è il momento di porci delle domande…

Chi sono io? Da dove parto? Per andare dove?

Maggio è il mese dello studio, quindi, non fermarsi alla visione superficiale  ma andare a fondo, nel concetto più saggio e antico della parola studiare, e studiare prima di tutto se stessi.

Lasciar cadere maschere e apparenze, fare spazio a quella parte autentica di sé che a volte ci imbarazza altre non sappiamo neanche riconoscere. Accade nel corso della vita, spesso in età adulta, quando ci si ferma per un attimo a tirare le somme, di scoprire che per troppi anni si è stati solo madri, solo figli, solo mariti, solo… Ecco, iniziamo a prenderci cura di quelle parti di noi che abbiamo trascurato, e lasciamo che per tuto il mese di maggio la nostra pratica yoga, sopra e fuori dal tappetino, ci lasci l’occasione per farlo.

Questo non significa non essere più attenti agli altri, trascurare i nostri impegni sociali, ma esserlo anche nei confronti di se stesi. Almeno provarci. Come nella pratica yoga, il numero delle posizioni è più  meno quello, ma cambia l’attitudine con cui le assumiamo, la modalità, l’atteggiamento mentale, il nostro presente.

E per saperlo, possiamo solo iniziare a far silenzio, mettere a tacere le “citta vritti”, quelle fluttuazioni della mente sempre presenti nelle nostre giornate, e andare oltre il giudizi, i dubbi, le autocritiche, i condizionamenti, le paure.

Possiamo percorrere una strada in mille modi, affrettandoci verso la nostra destinazione, correndo e ansimando senza vedere cosa c’è intorno, oppure con passo decido, attento, ma al contempo presenti a quello che stiamo facendo, al paesaggio che ci sta intorno e a noi, viaggiatori della Vita.

Si, la metafora del viaggio torna sempre, e del resto, chi pratica yoga, volente o nolente è in cammino. Lo yoga non è una dimensione di contemplazione estatica statica e definitiva. Ma un percorso di cui dobbiamo conoscere gli elementi fondamentali: da dove partiamo? Chi sono io?, cosa abbiamo nello zaino, di cosa mi nutro, di quali emozioni mi alimento?

E come nei viaggi, si studiano le tappe, si cerca di conoscere lo spazio in cui ci si muove, ecco perché è importante studiare, informarsi, condividere le conoscenze.

E come in tutti i cammini si incontrano compagni di traccia, chi per un tratto, breve o lungo che sia, ci cammina a fianco, a volte facendoci sorridere, altre in silenzio, altre ancora infastidendoci e spingendoci a fare riflessioni più profonde sul nostro stesso modo di essere. Tutti sono ugualmente compagni di crescita, se impariamo a guardare con occhio distaccato, primo di avversione e li accogliamo come spunti di crescita, qui ed ora, per una sempre nuova pratica di consapevolezza.

Questo mese daremo inizio a un gruppo di pratica silenziosa, se sei interessato richiedi informazioni e programma e iscriviti alla newsletter . Siamo anche online, oltre che in Sala e nei boschi!

 

 

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